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Elizabeth Kolbert, La sesta estinzione (2014)


 Giornalista e vincitrice di un Premio Pulizer, Elizabeth Kolbert si è segnalata per i suoi importanti reportage intorno a cambiamenti climatici. In questo fortunato volume del 2014 tradotto in tutto il mondo, prova a ricostruire sulla base dei contributi scientifici più accreditati lo stato dell’arte per quanto riguarda l’ipotesi della cosiddetta Sesta Estinzione. Secondo gli scienziati la vita sulla Terra è stata segnata almeno da cinque grandi estinzioni di massa:

> la Prima, 450 milioni di anni fa, alla fine dell’Ordoviciano, quando almeno l’85% delle specie viventi nel mare si è annientato a causa di una glaciazione che ha prosciugato i mari.

> La Seconda nel Devoniano superiore. 375 milioni di anni fa

>La Terza 250 milioni di anni fa, alla fine del Permiano;

> la Quarta nel periodo Triassico - Giurassico (200 milioni di anni fa) a causa di un surriscaldamento e una mutazione della composizione chimica degli oceani;

> La Quinta 65 milioni di anni fa durante il Cretaceo, forse innescata da un meteorite, ha portato all’estinzione dei dinosauri e del 75% delle specie viventi.

> La Sesta estinzione è quella in atto in questo momento  a causa dell’uomo.

 

La nozione di estinzione appare solo nel ‘700 con Georges Cuvier biologo e naturalista francese (1769- 1832) e la scoperta dei resti del mammut Americano. La ignorano sia Aristotele che Plinio il Vecchio che Linneo. Dobbiamo dunque a Cuvier la scoperta di “un mondo precedente al nostro” e l’idea di una evoluzione nella vita degli animali.

Il geologo Charles Lyell ancora nel XIX secolo, sosteneva contro le teorie delle estinzioni di massa che la natura procede per piccoli cambiamenti. Darwin applicò alle specie viventi le teorie di Lyell sul cambiamento progressivo. Ma la teoria dell’evoluzionismo cancellò in questo modo sia la teoria delle origini miracolose (o creazioniste) sia quella delle catastrofi.

È stato il geologo americano Walter Alvarez che agli inizi degli anni ’60 del XXI secolo a scoprire gli strati argillosi che provano l’evento catastrofico dell’asteroide alla fine del Cretaceo.

La storia delle estinzioni può essere raccontata come una sequenza di cambi di paradigma, nel senso di Hans Kuhn. Dunque da un lato Cuvier e dall’altro Lyell e Darwin. Man mano che compaiono testimonianze fossili le due teorie si confrontano: estinzione per disastro contro estinzione per lento mutamento.

Almeno fino alle scoperte dello strato di iridio (materiale presente in quantità nei corpi celesti ma non sulla Terra) che giustifica la tesi dell’asteroide. Oggi il paradigma comunemente accettato mette insieme l’evoluzionismo e il catastrofismo.

La Sesta Estinzione sarebbe dunque quella in atto oggi.

Nell’epoca dell’Antropocene (l’età attuale) termine coniato da un chimico olandese premio Nobel:  Paul Crutzen, e che indica quell’età che dalla Rivoluzione Industriale in poi è caratterizzata dall’intervento trasformativo dell’uomo sulla natura. Intervento che altera il suolo, la composizione dell’atmosfera e delle acque marine e lascia una evidenza stratigrafica per i geologi del futuro.

Tra le caratteristiche dell’Antropocene vi è sicuramente l’immissione di carbonio nell’aria per colpa dell’utilizzo dei combustibili fossili e della deforestazione. La concentrazione di Co2 infatti è la più alta di tutta la storia del pianeta. Ciò provoca aumento della temperatura, scioglimento dei ghiacci, innalzamento dei mari, ma anche al contempo l’acidificazione dei mari (per l’assorbimento del CO2 nell’acqua), calcolata oggi come il 30% più alta che nell’800. E di conseguenza una riduzione della biodiversità.

Secondo studi recenti, nel 2050 il riscaldamento porterà all’estinzione di un milione di specie. Anche l’isolamento e la frammentazione del territorio (la terra divisa in isole dall’antropizzazione) determina una minore diversità e una maggiore possibilità di estinzione di specie. 

Al contempo il processo di rimescolamento di flora e fauna messo in atto dai sistemi di spostamento umani ha un’influenza molto negativa.

Anche l’uomo di Neanderthal sarebbe stato “rimpiazzato” cioè portato all’estinzione dalla specie migrata dall’Africa circa 120 mila anni fa. Gli esseri umani hanno soppiantato i Neanderthal forse perché avevano qualcosa in più. I Neanderthal infatti in centomila anni non hanno mai intaccato il loro ambiente naturale. Gli esseri umani sì. “Con la loro capacità di rappresentare il mondo attraverso segni e simboli arriva la capacità di cambiarlo, il che, nei fatti, equivale alla capacità di distruggerlo.” (p. 308).

La storia ci dimostra che la natura ha un altissima capacità di resilienza. Ma non infinita.

E soprattutto, la Sesta estinzione non può non coinvolgere anche l’uomo. Il quale si è liberato dai vincoli evolutivi grazie a Scienza e Tecnica ma non può liberarsi dal vincolo ai sistemi biologici e geologici del pianeta. Modificando composizione dell’atmosfera e acidificando gli oceani mettiamo in pericolo la nostra stessa sopravvivenza.

“Proprio ora, in quel magnifico momento che è per noi il presente, ci troviamo a decidere, senza quasi volerlo, quale percorso evolutivo rimarrà aperto e quale invece verrà sbarrato per sempre. Nessun’altra creatura si è mai trovata a gestire nulla di simile, e sarà, purtroppo, il lascito più duraturo della nostra specie.” (p. 320)

 


 

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